Una recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, interviene su una questione di frequente dibattito nel mondo della scuola: il diritto del personale docente con contratto a tempo determinato a percepire un’indennità economica per le ferie maturate e non godute al termine del rapporto di lavoro. Il caso esaminato riguardava insegnanti con contratto a termine fino al 30 giugno dell’anno scolastico 2012/2013, che avevano convenuto in giudizio il Ministero dell’Istruzione per ottenere il pagamento delle ferie non fruite.
La controversia aveva visto esiti differenti nei gradi di merito. Il Tribunale aveva accolto il ricorso dei docenti, riconoscendo il loro diritto all’indennità. La Corte d’appello, invece, aveva accolto l’appello del Ministero, negando tale diritto. La questione è giunta quindi all’esame della Corte di Cassazione.
Il quadro normativo di riferimento per il periodo in questione (anno scolastico 2012/2013) include sia le disposizioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del Comparto Scuola relativo al quadriennio 2006/2009, sia la normativa di legge intervenuta nel corso del 2012. Il CCNL stabiliva che per il personale docente a tempo determinato, qualora la durata del rapporto non consentisse la fruizione delle ferie, le stesse sarebbero state liquidate al termine del contratto. Precisava inoltre che la fruizione delle ferie nei periodi di sospensione delle lezioni durante l’anno scolastico non fosse obbligatoria per i docenti a termine; pertanto, le ferie non godute avrebbero dovuto essere liquidate al momento della cessazione del rapporto. Questo a differenza del personale di ruolo, che è tenuto a fruire le ferie nei periodi di sospensione delle attività didattiche e non può essere messo in ferie d’ufficio durante i periodi di lezione, ma non ha diritto alla monetizzazione se non per cause non imputabili.
Successivamente, il legislatore è intervenuto con l’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135 del 2012, stabilendo un principio generale per il personale delle pubbliche amministrazioni: le ferie devono essere obbligatoriamente fruite e in nessun caso danno luogo a trattamenti economici sostitutivi, neanche in caso di cessazione del rapporto. Eventuali disposizioni normative o contrattuali più favorevoli cessavano di avere applicazione. La Corte Costituzionale, pronunciandosi su questa norma (sentenza n. 95 del 2016), ha chiarito che il divieto di monetizzazione non si applica quando il lavoratore non abbia potuto godere delle ferie per malattia o altra causa a lui non imputabile.
Nel medesimo anno, la legge n. 228 del 2012 ha dettato una disciplina speciale per il personale della scuola, introducendo regole per la fruizione delle ferie da parte dei docenti (sia a tempo indeterminato che a termine) durante i giorni di sospensione delle lezioni. Ha altresì aggiunto una precisazione all’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, stabilendo che la disciplina sul divieto di monetizzazione non si applica al personale docente a termine (con supplenza breve, saltuaria o fino al termine delle lezioni/attività didattiche), limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui tale personale ha potuto effettivamente fruire delle ferie. Le nuove norme di legge sulla scuola non potevano essere derogate dai contratti collettivi, e le clausole contrattuali contrastanti sono state disapplicate a partire dal 1° settembre 2013.
In sintesi, vi è stato un periodo in cui la disciplina generale sul divieto di monetizzazione sembrava applicarsi anche al personale scolastico a termine. Tuttavia, la legge n. 228 del 2012 ha reintrodotto, seppur in parte, la possibilità di liquidazione, e la disapplicazione delle norme contrattuali più favorevoli è avvenuta solo dal 1° settembre 2013. Questo significa che, almeno fino al 31 agosto 2013, la disciplina del CCNL che prevedeva la monetizzazione delle ferie non godute per i docenti a termine che non le avevano fruite nel periodo destinato alle lezioni, continuava ad avere efficacia.
Ma il punto fondamentale della decisione della Cassazione risiede nell’interpretazione della normativa interna alla luce del diritto dell’Unione Europea. L’art. 7 della direttiva 2003/88/CE garantisce il diritto alle ferie annuali retribuite. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con diverse sentenze del 6 novembre 2018, ha interpretato questa norma, affermando che si oppone a una normativa nazionale che preveda la perdita automatica del diritto alle ferie retribuite (e alla relativa indennità finanziaria) al termine del rapporto di lavoro per il solo fatto che il lavoratore non le abbia richieste, senza una previa verifica che il datore di lavoro lo abbia effettivamente messo in condizione di esercitare tale diritto attraverso un’adeguata informazione.
La Corte di Giustizia ha precisato che il datore di lavoro deve assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia in grado di fruire delle ferie. Ciò include l’obbligo di invitarlo formalmente a farlo e di informarlo, in modo accurato e in tempo utile, del fatto che in mancanza le ferie andranno perse, al termine del periodo di riferimento o del rapporto di lavoro. L’onere della prova di aver adempiuto a questi obblighi informativi e di invito ricade sul datore di lavoro.
Alla luce di questi principi europei, la Cassazione ha stabilito che la normativa interna (inclusi l’art. 5, comma 8, d.l. n. 95/2012 e l’art. 1, comma 55, legge n. 228/2012) deve essere interpretata conformemente. Questo comporta un principio fondamentale: il docente a tempo determinato non perde il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie per il solo fatto di non averle chieste, se non dopo essere stato invitato dal datore di lavoro a goderne, con espresso avviso della perdita, in caso diverso, del diritto alle ferie e alla indennità sostitutiva.
Poiché la Corte d’appello non aveva verificato se l’amministrazione avesse adempiuto a questo onere probatorio a suo carico, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dei docenti. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte d’appello affinché decida la causa nel merito, applicando il principio di diritto stabilito.
In conclusione, la Corte di Cassazione ha confermato un orientamento a tutela del lavoratore, ribadendo che il diritto all’indennità per le ferie non godute non si perde automaticamente per il personale a termine, specialmente nel settore scolastico, a meno che il datore di lavoro non dimostri di aver offerto la concreta possibilità di fruirne e di aver adeguatamente informato il lavoratore sulle conseguenze del mancato godimento. Questo principio sottolinea l’importanza degli obblighi del datore di lavoro nel garantire l’effettivo godimento delle ferie retribuite, diritto fondamentale sancito anche dal diritto europeo.