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DiAnnamaria Palumbo

AVVISO DI RECUPERO

Gli avvisi di recupero sono specifici provvedimenti con i quali l’Amministrazione può contestare, in tutto o in parte, l’utilizzo in compensazione di crediti illegittimamente fruiti (art. 1, co. 421, L. 311/2004).

La riforma del sistema sanzionatorio del 2015 ha interessato anche le violazioni legate all’utilizzo in compensazione dei crediti introducendo, sia sotto il profilo amministrativo che sotto il profilo penale, un’importante distinzione tra crediti “non spettanti” e crediti “inesistenti”.

ll D. Lgs. 158/2015 ha difatti integralmente modificato l’art. 13 del D. lgs. 471/97 ed ha previsto che nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, si applica, salvo disposizioni speciali, la sanzione pari al 30% del credito utilizzato.

Per i crediti inesistenti è invece prevista una sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi ed è esclusa la definizione agevolata di cui agli artt. 16, co. 3 e 17, co. 2 del D. Lgs. 472/97.

Più precisamente è inesistente il credito che non è riscontrabile con il controllo automatizzato.

Verosimilmente, quindi, i crediti inesistenti saranno riconducibili a verifiche presso la sede del contribuente o della documentazione contabile, o ancora a contestazioni legate alla falsità di documenti ricevuti da terzi.

Termine ultimo entro cui notificare l’avviso di recupero a pena di decadenza è il 31.12 del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Relativamente alla contestazione di crediti inesistenti, gli avvisi di recupero devono essere notificati entro il 31.12 dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito.

Ricapitolando:

i crediti non spettanti:

  • sono sanzionati nella misura del 30%;
  • possono essere contestati con avviso bonario (da controllo automatizzato/formale) ovvero con atto di recupero;
  • il provvedimento va notificato entro gli ordinari termini previsti per gli avvisi bonari ovvero per l’accertamento delle imposte (art. 42 del DPR 600/73)

i crediti inesistenti:

  • sono sanzionati nella misura dal 100% al 200%;
  • possono essere contestati attraverso atti di recupero (o verosimilmente anche con avviso di accertamento) adeguatamente motivato;
  • il provvedimento va notificato entro il 31.12 dell’ottavo anno successivo all’utilizzo.

L’atto di recupero deve essere adeguatamente motivato e ciò anche per consentire l’esatta identificazione della contestazione. Occorre che siano indicati gli elementi per i quali l’Ufficio lo ritenga inesistente ovvero non spettante, affinché possa essere verificata la correttezza delle sanzioni irrogate e, in ogni caso, la fondatezza della pretesa.

Con riguardo alla contestazione di credito inesistente occorre che sia dimostrato il comportamento fraudolento del contribuente, l’intento evasivo, la malafede ad anche la circostanza che l’Amministrazione non avrebbe potuto scoprire la violazione con i controlli automatizzati o formali.

Lieti di averti dato qualche informazione generale, rimaniamo a disposizione per l’analisi del tuo caso!

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DIRIGENTI – PATTO DI STABILITA’

In caso di assunzione a tempo indeterminato, le parti possono prevedere l’obbligo di non recedere dal rapporto per un determinato periodo di tempo. E’ fatta salva l’ipotesi di una giusta causa di recesso ossia di una causa che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto (2119 c.c.)

Se l’obbligazione è inserita tra le clausole del contratto di assunzione, prende il nome di clausola di durata minima garantita. Se l’accordo interviene successivamente alla stipula del contratto di assunzione, prende il nome di patto di stabilità.

La clausola di durata minima garantita o il patto di stabilità possono essere previsti:

  • a favore del solo datore di lavoro
  • a favore del solo dirigente
  • a favore di entrambe le parti

Si analizzano i primi due CASI.

Clausola/patto a favore del datore di lavoro

In tale ipotesi il dirigente si obbliga a non rassegnare le dimissioni per un periodo di tempo minimo. Si ritiene che in questo caso il datore di lavoro debba riconoscere al dipendente un corrispettivo.

La corrispettività va valutata alla luce del complesso delle reciproche obbligazioni.

La causa di tale impegno è l’interesse del datore di lavoro a fruire della prestazione del dirigente almeno per un tempo minimo, ad esempio in caso di avvio di nuova attività.

In caso di violazione della clausola di durata minima garantita o del patto di stabilità, il datore di lavoro potrà richiedere il risarcimento del danno. Allo scopo può essere prevista una clausola penale che quantifichi forfettariamente il danno commisurandolo ad un determinato numero di compensi.

E’ legittima la compensazione del TFR con i crediti del datore di lavoro.

Clausola/patto a favore del dirigente

In questa ipotesi è il datore di lavoro ad impegnarsi a non licenziare il dirigente per il periodo di tempo previsto dalle parti. Ciò può accadere, ad esempio, nel caso in cui il dirigente si sia dichiarato disponibile a dimettersi da un precedente rapporto di lavoro solo a fronte di determinate garanzie di durata minima del nuovo incarico.

Il recesso unilaterale del datore di lavoro, che non sia determinato da giusta causa ex art. 2119 c.c., è considerato illegittimo. In tal caso il datore di lavoro dovrà risarcire il danno oltre ad erogare l’indennità sostitutiva del preavviso.

La Cassazione ha peraltro stabilito che il risarcimento del danno può essere cumulato con l’indennità supplementare dovuta al dirigente in caso di licenziamento illegittimo come prevista dalla contrattazione collettiva (Cass. 2978/2017).

Il datore di lavoro pertanto dovrà pagare il risarcimento del danno, l’indennità sostitutiva del preavviso e l’indennità supplementare per ingiustificato licenziamento.

Lieti di averti dato qualche informazione generale, rimaniamo a disposizione per l’analisi del tuo caso!

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