La disconnessione negata: il lavoro invade la notte

DiAnnamaria Palumbo

La disconnessione negata: il lavoro invade la notte

1. Introduzione: il lavoro che non dorme mai
Un’e-mail ricevuta alle 23:18. Una risposta alle 23:20. Un messaggio Slack che notifica un’attività alle 2:05. Scene comuni, spesso normalizzate, in moltissime realtà aziendali. Eppure, in queste dinamiche apparentemente quotidiane si cela la violazione di uno dei diritti fondamentali della persona: il diritto al riposo.

Il diritto alla disconnessione, nella sua espressione giuridica più piena, rappresenta l’ultima frontiera della tutela del tempo del lavoratore nell’era digitale. Nato per proteggere l’integrità psico-fisica del dipendente, si confronta oggi con una realtà in cui gli strumenti digitali e i modelli organizzativi asincroni rendono sempre più labile il confine tra lavoro e vita privata.

2. La nuova patologia dell’iperconnessione
Il termine work bleeding – letteralmente “sanguinamento del lavoro” – descrive bene il fenomeno della sovrapposizione continua tra tempi di vita e tempi di lavoro. Non si tratta più solo di straordinario non retribuito, ma di una forma di disponibilità permanente, spesso implicita, richiesta dal datore o autoinflitta dal lavoratore stesso in nome della performance.

Numerosi studi confermano che l’iperconnessione cronica è una causa rilevante di stress, disturbi del sonno, ansia e burnout. Ma a fronte di questi dati, la cultura del lavoro in molti contesti continua a premiare la reperibilità oltre l’orario, l’efficienza immediata, la “prontezza digitale”.

3. Il diritto alla disconnessione: inquadramento normativo

3.1. Ordinamento italiano
Il diritto alla disconnessione è stato introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento con la Legge n. 81 del 22 maggio 2017, relativa al lavoro agile. L’art. 19 stabilisce che l’accordo tra le parti debba individuare anche le modalità di esercizio del diritto alla disconnessione.

Tuttavia, l’assenza di un dettaglio operativo, la mancata previsione di sanzioni e la non obbligatorietà di un contenuto minimo rendono la norma inefficace nella prassi. Anche il D.Lgs. n. 66/2003, relativo alla durata dell’orario di lavoro, non appare adeguato ad affrontare le sfide del lavoro digitale.

3.2. Livello europeo e comparato
Nel contesto dell’Unione Europea, il Parlamento ha approvato il 21 gennaio 2021 una risoluzione con cui invita la Commissione a presentare una proposta di direttiva sul diritto alla disconnessione, riconoscendo che la mancanza di tale diritto incide sul benessere, la salute e i diritti fondamentali dei lavoratori.

In alcuni Stati membri sono state adottate misure significative:

  • Francia: Legge El Khomri (2016), obbligo per le aziende con più di 50 dipendenti di regolare il diritto alla disconnessione tramite contrattazione collettiva;
  • Spagna: Legge Organica 3/2018 sulla protezione dei dati personali e la garanzia dei diritti digitali;
  • Belgio: Accordi interprofessionali (2018) in materia di diritto al riposo digitale.

4. Profili di responsabilità datoriale

4.1. Responsabilità contrattuale e civile
Il datore di lavoro che non garantisce un adeguato sistema di disconnessione può incorrere in responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligo di tutela della salute (art. 2087 c.c.) e in responsabilità civile per i danni derivanti da iperconnessione prolungata (danno biologico, esistenziale e patrimoniale).

4.2. Responsabilità amministrativa e penale
La violazione delle norme sull’orario di lavoro (D.Lgs. 66/2003) e sull’obbligo informativo (D.Lgs. 81/2008) può dar luogo a sanzioni amministrative. In ipotesi estreme, in cui il lavoratore subisca conseguenze psico-fisiche rilevanti, si può profilare l’ipotesi di maltrattamenti in ambito lavorativo ex art. 572 c.p.

5. Proposte operative e policy aziendali
Le aziende devono passare da una logica dichiarativa a una logica attuativa. Alcune misure suggerite:

  • Clausole contrattuali specifiche sull’orario di reperibilità;
  • Sistemi automatici di blocco delle comunicazioni (es. fuori orario);
  • Formazione obbligatoria per dirigenti e quadri sul rispetto della disconnessione;
  • Monitoraggio dei carichi di lavoro e delle ore di connessione attraverso strumenti IT;
  • Integrazione del diritto alla disconnessione nei Modelli 231 come presidio del benessere organizzativo.

6. Conclusioni
Il diritto alla disconnessione è un diritto che non si può più ignorare. Non solo perché lo impone la legge, ma perché lo richiede la trasformazione culturale del lavoro contemporaneo.

Nel bilanciamento tra flessibilità organizzativa e dignità della persona, il tempo è diventato la risorsa più esposta a erosione. Ristabilirne i confini non è solo una questione giuridica, ma di civiltà.


Maggio 2025

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Annamaria Palumbo administrator

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