L’attività forense degli insegnanti pubblici e i limiti del conflitto di interessi (Cassazione Civile Sezione Lavoro, 08/05/2025, n. 12204)

DiAnnamaria Palumbo

L’attività forense degli insegnanti pubblici e i limiti del conflitto di interessi (Cassazione Civile Sezione Lavoro, 08/05/2025, n. 12204)

La recente sentenza della Corte di Cassazione civile, Sezione Lavoro, n. 12204 dell’8 maggio 2025, ha chiarito importanti aspetti relativi all’esercizio dell’attività forense da parte degli insegnanti della scuola pubblica, sottolineando le condizioni e i limiti entro cui tale attività può essere svolta senza incorrere in sanzioni disciplinari.

Il caso e la sanzione impugnata

Il procedimento trae origine dalla sanzione disciplinare di sospensione per dieci giorni irrogata dal Ministero dell’Istruzione e del Merito nei confronti di un docente che, autorizzato allo svolgimento dell’attività forense, aveva patrocinato cause anche contro lo stesso Ministero, suo datore di lavoro. La Corte d’Appello di Bologna aveva dichiarato illegittima la sanzione, ritenendo che, in assenza di limitazioni specifiche nell’autorizzazione concessa dal dirigente scolastico, non fosse vietato patrocinare cause contro l’Amministrazione di appartenenza. Inoltre, la Corte territoriale aveva valutato che la richiesta di chiarimenti avanzata dal dirigente scolastico non si era tradotta in una revoca o modifica del provvedimento autorizzativo, permettendo al docente di ritenere le sue spiegazioni soddisfacenti.

Il quadro normativo di riferimento

L’articolo 508, comma 15, del Decreto Legislativo n. 297 del 1994, consente ai docenti di esercitare libere professioni, incluso l’esercizio della professione forense, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, purché tale attività non pregiudichi l’adempimento delle funzioni docente e sia compatibile con l’orario di insegnamento e di servizio.

Tuttavia, il quadro normativo più ampio evidenzia un principio generale di incompatibilità tra attività professionale e pubblico impiego, come sancito dall’art. 60 del D.P.R. n. 3/1957 e dall’art. 53 del D.Lgs. n. 165/2001. Questo principio è rafforzato dall’esigenza di evitare conflitti di interesse, espressamente richiamati in più disposizioni legislative, che vietano lo svolgimento di attività che possano interferire con i doveri istituzionali e la fedeltà dovuta alla Pubblica Amministrazione.

Il principio del divieto di conflitto di interessi

La Corte ha ribadito che l’autorizzazione all’attività forense implica un divieto implicito di patrocinare cause in conflitto di interessi, cioè vertenze promosse o da promuoversi contro l’Amministrazione di appartenenza. Tale divieto è inderogabile e la sua violazione può configurare inadempimento e illecito disciplinare.

La motivazione del rigetto del ricorso

Nonostante la chiarezza del principio, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Ministero, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il motivo è da ricercarsi nelle specifiche circostanze del caso, in cui il dirigente scolastico, pur avendo richiesto chiarimenti sul patrocinio di cause contro l’Amministrazione, non aveva modificato o revocato l’autorizzazione originaria, lasciando al docente un ragionevole affidamento sulla legittimità della sua condotta.

Inoltre, la Corte territoriale ha valutato che l’inerzia del dirigente scolastico – soprattutto a seguito di un episodio precedente nel quale al docente era stata irrogata una censura per analogo comportamento – aveva indotto il docente a ritenere possibile proseguire nell’attività forense anche in vertenze riguardanti la scuola pubblica.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante punto di riferimento per il personale docente che intenda svolgere attività libero-professionali, in particolare l’attività forense. Pur riconoscendo la possibilità di esercitare tale attività previa autorizzazione, la Corte ha ribadito con fermezza che essa non può mai configurare un conflitto di interessi nei confronti dell’Amministrazione di appartenenza.

Al tempo stesso, il caso dimostra che, in presenza di un comportamento ambiguo o non chiaro da parte del dirigente scolastico, il docente può fondatamente confidare in un tacito consenso, il che può incidere sulla valutazione della colpevolezza in sede disciplinare.

In definitiva, gli insegnanti devono sempre vigilare sul rispetto del principio di incompatibilità e adottare comportamenti trasparenti e cautelativi, tenendo conto che l’autorizzazione all’attività forense comporta un limite implicito e inderogabile rispetto al conflitto di interessi.


Riferimento sentenza:
Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n. 12204, 8 maggio 2025 (udienza 6 febbraio 2025, deposito 8 maggio 2025).

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