La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11631 del 3 maggio 2025, ha delineato importanti principi in materia di sicurezza sul lavoro e di riparto degli oneri probatori tra lavoratore e datore di lavoro nella responsabilità per danni alla salute derivanti dall’attività lavorativa.
Il caso riguarda la richiesta di risarcimento da parte degli eredi di un lavoratore deceduto per neoplasia polmonare, presumibilmente causata dall’esposizione a fumi cancerogeni durante lo svolgimento di mansioni di tecnico di laboratorio e saltuarie operazioni di saldatura. La Corte d’Appello di Roma aveva respinto la domanda, ritenendo insufficiente la prova del nesso causale tra l’attività lavorativa e la malattia.
Principi affermati dalla Cassazione
- Obbligo di prevenzione e specificità del rischio
L’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro di adottare non solo le misure di sicurezza tassativamente prescritte dalla legge per il tipo di attività, ma anche tutte le ulteriori misure necessarie in relazione alla specificità del rischio concreto. La sicurezza del lavoratore è un bene costituzionalmente tutelato dall’art. 41 Cost.
- Onere della prova a carico del lavoratore
Il lavoratore che lamenta un danno alla salute a causa dell’attività lavorativa deve allegare e provare:
- l’esistenza del danno;
- la nocività dell’ambiente di lavoro;
- il nesso causale tra danno e prestazione lavorativa.
Solo una volta assolto questo onere, grava sul datore di lavoro l’onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il danno e che la malattia non deriva da inosservanza degli obblighi di sicurezza.
- Indici della nocività
Gli indici della nocività che il lavoratore deve indicare sono i concreti fattori di rischio, circostanziati in relazione alle modalità della prestazione lavorativa, e non meri elementi astratti o presuntivi.
Applicazione al caso concreto
Nel caso in esame, la Corte ha confermato che il lavoratore e i suoi eredi non hanno fornito prova adeguata della nocività specifica del luogo di lavoro e del nesso causale tra la neoplasia polmonare e l’attività lavorativa. Di conseguenza, l’onere di dimostrare l’adozione delle misure di sicurezza da parte del datore di lavoro non è mai scattato.
La Corte ha inoltre chiarito che non è ammissibile un’inversione dell’onere della prova che scarichi sul datore di lavoro l’obbligo di dimostrare a prescindere la propria diligenza, senza che il lavoratore abbia prima allegato elementi concreti di rischio.
Conclusioni
La sentenza n. 11631/2025 ribadisce e precisa il corretto riparto degli oneri probatori nei giudizi per danni alla salute da causa lavorativa, sottolineando la necessità per il lavoratore di fornire una prova specifica e circostanziata del rischio e del nesso causale, condizione essenziale per attivare la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c.
Questo orientamento rafforza la tutela della sicurezza sul lavoro, imponendo al datore di lavoro un obbligo di diligenza ampio ma equamente bilanciato rispetto all’onere probatorio gravante sul lavoratore.
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