La recente sentenza della Cassazione civile, sez. lavoro, del 16 aprile 2025, ha avuto come oggetto un caso rilevante in materia di contribuzione previdenziale e applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). La decisione affronta diversi temi di interesse per il diritto del lavoro, tra cui il rispetto del minimale contributivo, la rappresentatività dei sindacati e la qualificazione delle sanzioni civili in caso di violazioni contributive.
La controversia nasce dall’opposizione di una cooperativa a un verbale ispettivo redatto da INPS, INAIL e Ispettorato Territoriale del Lavoro. Il verbale contestava la mancata osservanza del minimale contributivo, basandosi sul fatto che la cooperativa avesse applicato un CCNL diverso da quello sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative per il settore della distribuzione commerciale. La Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva rigettato l’opposizione della cooperativa, confermando la validità delle pretese contributive e delle sanzioni civili.
La cooperativa ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello con sette motivi di ricorso, tutti respinti dalla Corte di Cassazione.
Principali questioni giuridiche
1. Applicazione del CCNL e minimali contributivi
Uno dei punti centrali della sentenza riguarda l’applicazione del CCNL firmato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. La Corte di Cassazione ha ribadito che il minimale contributivo è una materia indisponibile e inderogabile. Di conseguenza, l’accordo aziendale sottoscritto dalla cooperativa non poteva essere utilizzato per derogare in peius ai livelli retributivi previsti dal CCNL rappresentativo.
2. Contrattazione aziendale e art. 8 del D.L. n. 138/2011
La cooperativa aveva sostenuto che l’accordo aziendale fosse qualificabile come un “accordo di prossimità” ai sensi dell’art. 8 del D.L. n. 138/2011, ma la Corte ha escluso tale applicazione. La materia retributiva, in particolare per quanto riguarda il minimale contributivo, non rientra tra quelle derogabili con gli accordi di prossimità, essendo regolata da norme imperative.
3. Maggior rappresentatività sindacale
Un altro punto controverso riguardava la valutazione della rappresentatività dei sindacati firmatari del CCNL applicato dall’INPS. La Corte ha confermato che la rappresentatività può essere valutata sulla base di dati presuntivi, come il numero di iscritti a livello nazionale e le indicazioni fornite da circolari ministeriali.
4. Contestazioni sui conteggi contributivi
La cooperativa aveva contestato i conteggi riportati nel verbale ispettivo. Tuttavia, la Corte ha giudicato tardive e generiche tali contestazioni, evidenziando che la cooperativa avrebbe potuto articolare le proprie difese sin dal primo grado di giudizio.
5. Evasione vs. Omissione contributiva
La sentenza ha chiarito che, nel caso di specie, si configura un’evasione contributiva e non una mera omissione. Ciò è dovuto al fatto che le denunce presentate dalla cooperativa erano errate, riportando contribuzioni inferiori rispetto a quelle dovute. L’evasione contributiva implica una violazione più grave, che giustifica l’applicazione di sanzioni civili più gravose.
La decisione della Corte di Cassazione, in sostanza, ribadisce principi fondamentali in materia di previdenza sociale e contrattazione collettiva. In particolare:
- Il minimale contributivo rappresenta un vincolo inderogabile, non modificabile da accordi aziendali.
- La rappresentatività dei sindacati deve essere valutata comparativamente nell’ambito della categoria di riferimento.
- Le contestazioni sui verbali ispettivi devono essere specifiche e tempestive, pena la loro irrilevanza in giudizio.
- La distinzione tra evasione e omissione contributiva ha rilevanti implicazioni sul piano sanzionatorio.