La collaborazione lavorativa priva di progetto si converte ex lege in un rapporto di lavoro subordinato, Cassazione Civile, Sez. Lav., Ord. 26 aprile 2025

DiAnnamaria Palumbo

La collaborazione lavorativa priva di progetto si converte ex lege in un rapporto di lavoro subordinato, Cassazione Civile, Sez. Lav., Ord. 26 aprile 2025

La Corte Suprema di Cassazione, con l’ordinanza n. 10969 del 26 aprile 2025, ha affrontato nuovamente il delicato tema della qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro in assenza di un progetto specifico per le collaborazioni coordinate e continuative. La pronuncia si inserisce nell’ambito di un quadro normativo che mira a tutelare i lavoratori, garantendo loro i diritti previsti per il lavoro subordinato nei casi in cui manchi una chiara formalizzazione del rapporto collaborativo.

Il quadro normativo: l’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003

Secondo l’art. 69, comma 1, del Decreto Legislativo n. 276/2003, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa privi di un progetto specifico si convertono automaticamente in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Tale conversione rappresenta una presunzione assoluta di subordinazione, finalizzata a contrastare abusi contrattuali e a garantire maggiore protezione ai lavoratori.

La disposizione normativa introduce una sanzione di tipo negoziale, che opera retroattivamente sin dalla costituzione del rapporto di collaborazione. Questo significa che, in assenza di un progetto, il rapporto di lavoro viene qualificato come subordinato, indipendentemente dalla natura autonoma o meno della prestazione lavorativa.

Il principio di corrispettività tra lavoro e retribuzione

La Corte, nella pronuncia in esame, ha ribadito il principio di corrispettività tra la prestazione lavorativa e la retribuzione, sottolineando che, anche per il periodo precedente alla conversione del rapporto, al lavoratore spettano eventuali differenze retributive. Queste devono essere calcolate sulla base dell’effettivo orario di lavoro svolto, garantendo così una tutela economica per il periodo di collaborazione.

In particolare, i giudici hanno chiarito che il datore di lavoro è obbligato a corrispondere al lavoratore tutte le somme dovute, anche nel caso in cui la collaborazione sia stata apparentemente configurata come autonoma. Tale obbligo si estende anche alla determinazione dell’imponibile previdenziale, che deve essere calcolato sulla base della retribuzione effettiva, purché non inferiore a determinati livelli minimi previsti dalla legge.

La sanzione della conversione e i suoi effetti

La conversione ex lege del contratto di collaborazione coordinata e continuativa in rapporto di lavoro subordinato non rappresenta una mera formalità, ma una sanzione normativa volta a tutelare il lavoratore. Questa tutela si esplica attraverso il riconoscimento dei diritti economici e normativi previsti per il lavoro subordinato, inclusi i contributi previdenziali e le tutele relative alla stabilità occupazionale.

La Corte ha inoltre evidenziato che la conversione retroattiva del rapporto non pregiudica il principio di reciprocità degli obblighi tra le parti: il lavoratore è tenuto a dimostrare l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, mentre il datore di lavoro deve garantire il pagamento delle differenze retributive eventualmente spettanti.

Info sull'autore

Annamaria Palumbo administrator

Lascia una risposta